XVII edizione 2018

I premiati hanno contribuito a portare l’isola all’attenzione nazionale e internazionale.

 

I PREMIATI NELL’EDIZIONE 2018

ENZO FAVATA. È uno dei musicisti sardi più attivi e conosciuti nel panorama musicale italiano ed internazionale. La sua ricerca coniuga arcano e futuro, mediante la sperimentazione tra differenti linguaggi e culture musicali. Fin dagli esordi persegue l’idea di mescolare la tradizione della Sardegna con il jazz e con strumenti e motivi etnici di altri paesi del mondo. Nascono così il progetto Jana e poi i numerosi album tra cui spiccano – anche per la significativa pregnanza dei titoli – Ajò, Islà, Atlantico (ideale fusion tra Sardegna e Argentina) e il singolare Voyage en Sardaigne, in cui coinvolge 32 musicisti tra cui i maggiori interpreti del folk sardo. È autore di colonne sonore per il cinema, il teatro, la radio e la televisione. Da anni è direttore del festival Musica sulle Bocche, che ogni estate a Santa Teresa di Gallura ospita musicisti internazionali, concerti nelle spiagge e performance di danza e teatro itineranti.

PETER MARCIAS. Molti credono che sia inglese, per via del nome. Ma all’anagrafe si chiama Efisio, e questo dirada tutti i dubbi sulla sua sardità. Regista e sceneggiatore, nato e cresciuto nel Campidano, ha iniziato a collaborare con la Cineteca Sarda di Cagliari. A Roma l’ingresso vero nel mondo del cinema, con lo stupore – racconta – di Pinocchio nel Paese dei Balocchi. Le sue opere, presentate nei festival nazionali ed internazionali, rivelano un forte interesse per le tematiche sociali e politiche.  Ha esordito nel 2006 con “Bambini”, cui hanno fatto seguito “Ma la Spagna non era cattolica?”, “Un attimo sospesi” (che è stato in concorso al Festival Internazionale di San Paolo), il documentario “Liliana Cavani. Una donna nel cinema”, “I bambini della sua vita” (che è valso il Globo d’Oro di migliore attrice alla protagonista, Piera degli Esposti), e il film “Dimmi che destino avrò”, dichiarato film d’essai dal Ministero dei Beni Culturali. Notevole successo ha riscosso la sua ultima fatica, “Uno sguardo alla terra”: un omaggio al grande maestro Fiorenzo Serra che in realtà si propone come una profonda riflessione sull’identità e sul sentimento di appartenenza ai propri luoghi. Perché nei suoi film c’è sempre un’idea forte di Sardegna, il calore del suo popolo, il sapore struggente delle radici.

GESUINO NEMUS. Quando rivelò alla madre di voler fare lo scrittore, secco gli arrivò il rimbrotto: “E trovarti un lavoro serio no?”. Forse è per questo che ci ha messo tanto a decidersi a pubblicare il primo libro, “La teologia del cinghiale”, che aveva nel cassetto da 47 anni. E forse è per questo che ha scelto di celarsi dietro uno pseudonimo. Nemus, nessuno. Come Ulisse col ciclope. Ma il pubblico, che a volte – è vero – usa un solo occhio, questa volta ci ha visto giusto. Ed è stato subito successo. Per la “Teologia”, premio Campiello opera prima e finalista al premio Bancarella, si è scritto di “sorprendente esordio”, di “affabulazione originale come i personaggi”, di “orchestrazione davvero sapiente della trama”. Qualità che non sono venute meno nelle opere successive, “I bambini sardi non piangono mai” e “Ora pro loco”, che si apprezzano per l’inusitata architettura e per il personalissimo stile narrativo. Ambientati nell’Ogliastra della longevità, dove quando àuguri “A cent’anni” fanno gli scongiuri, i romanzi di Nemus sgorgano dal suo vissuto infantile ricostruendo il mondo magico, i paesaggi aspri, i rapporti interpersonali tipici  di quella particolare area antropologica. E il racconto, già di per sé avvincente, si conclude regolarmente con un finale insospettato che lascia in bocca l’attesa del prossimo libro.

CHIARA OBINO. Un tuffo dove l’acqua è più blu. Trattieni il respiro per tre o quattro minuti: cosa vuoi che sia? Poi scendi giù fino a 82 metri, con la pressione che sembra farti scoppiare tutto: cosa vuoi che sia? Semplice: è il record mondiale di immersione. 82 metri: l’equivalente – a testa in giù – del campanile di Giotto, della torre del Mangia di Siena, di un grattacielo di 30 piani. Chiara era famosa fin da bambina perché, mentre gli altri se ne stavano in spiaggia, lei se ne andava sott’acqua a prendere i polpi con le mani, a cercare i pesci nelle loro tane, a esplorare i fondali, a spingersi sempre un po’ più in là. Un rapporto istintivo, il richiamo della profondità, la ricerca dell’ignoto, la danza con gli abissi. E adesso che due giovani apneiste, un’ucraina e una slovena, le hanno strappato il primato portandolo a 85 metri, lei ha deciso di non darsi per vinta. Prima o poi, quel record, puoi giurarci che se lo riprenderà. Perché lei è fatta così: nel suo percorso di atleta, nella professione di dentista per bambini, nell’attività di mamma c’è un motore inesauribile che le dà le motivazioni e gli stimoli per fare sempre meglio. Per essere sempre più se stessa.

LIA PALOMBA. L’hanno definita Killer dei Tumori, Dottor House, Mission Impossible. Perché di casi che finora sembravano impossibili è riuscita a risolverne parecchi. La sua terapia, messa a punto in trent’anni di ricerca nei migliori centri d’America, si è rivelata capace di sconfiggere il 50 per cento dei linfomi e delle leucemie di tipo linfatico: un miracolo della scienza che le è valso l’elogio del New York Times in un reportage sui “medical detectives”, quelli che risolvono i casi impossibili. Sassarese, dopo la specializzazione in ematologia e oncologia si è trasferita al Memorial Sloan Kettering di New York, associando la ricerca in laboratorio alla cura dei pazienti. Critica nei confronti della “controriforma” sanitaria di Trump, ma anche nei confronti dei numerosi disservizi del sistema italiano, sarebbe disposta a tornare in Sardegna solo per raccontare quello che ha imparato in 30 anni e potenziare la ricerca clinica, dalla quale secondo lei dipendono il futuro e le speranze della salute pubblica.

ELVIRA SERRA. Nata a Nuoro sotto il segno dell’Ariete, vive a Milano ma non ha dimenticato le sue origini di barbaricina doc.  Ha cominciato a scrivere a “L’Unione Sarda”, per arrivare nel 1999 al “Corriere della Sera”, dove si occupa di cronaca e costume, e al settimanale “Effe” dove ha una rubrica fissa: “La forza delle donne”. Ha vinto il Premio giornalistico Maria Grazia Cutuli del Centro internazionale Einaudi e il Premio Giornalistico nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana. È tra le autrici del docuweb “Le (r)esistenti”, dedicato alle donne del terremoto dell’Aquila, e di “Il coraggio di ricominciare”, pubblicato a un anno dal terremoto in Emilia Romagna. Ha curato il saggio “Donne ai vertici delle aziende” e pubblicato due romanzi: “L’Altra” e “Il vento non lo puoi fermare”. È sicura che il suo stile letterario, asciutto e diretto, sia dovuto alle radici sarde. Di Sardegna si è occupata spesso con le interviste ai personaggi più in vista dell’isola e con le dichiarazioni d’amore per Nuoro ai tempi della corsa a capitale della cultura. Con la Sardegna, insomma, è in costante contatto. Ma ogni tanto le manca quando, a Milano, le viene voglia di un piatto di culurgiones con la famiglia.

VALERIO SCANU. Figlio d’arte, ha iniziato a farsi le ossa sui piccoli palchi delle piazze galluresi cantando con un gruppo di cui faceva parte il padre. Poi un crescendo vertiginoso: secondo classificato al talent show “Amici di Maria De Filippi”, il contratto con l’etichetta discografica EMI Music e quindi il passaggio alla “NatyLoveYou”, di cui è oggititolare del marchio. Ha partecipato due volte al Festival di Sanremo: nel 2010, vincendo con il brano “Per tutte le volte che”, e nel 2016con “Finalmente piove”. Nel 2014 ha preso parte alla trasmissione di RaiUno “Tale e quale show”, condotto da Carlo Conti,vincendo la terza puntata con l’imitazione di Stevie Wonder. Ha ricevuto vari riconoscimenti, tra i quali 3 Wind Music Awards, un TRL Awarde un Venice Music Award. Consacrato alla notorietà come uno dei più significativi talenti canori italiani degli ultimi anni, si esibisce raccogliendo consensi e successi ovunque. O meglio, in tutti i luoghi e in tutti i laghi.

PREMIO “OLIMPIA MATACENA” 2018

MAURIZIO COSTANZO. Finito il liceo classico, rinunciò agli studi universitari per coronare, a soli 18 anni, il sogno di diventare giornalista. Ha lavorato a “Paese Sera”, al “Corriere Mercantile”, a “Grazia”, a “Tv Sorrisi e Canzoni” e a tanti altri quotidiani e periodici.  Ha diretto “La Domenica del Corriere” e “L’Occhio”, da lui fondato. E intanto faceva l’autore radiofonico e televisivo, il paroliere (“Se telefonando” è considerata una tra le migliori canzoni italiane di sempre), lo sceneggiatore, il commediografo, il docente di comunicazione alla Sapienza di Roma. E non tutti sanno che fu lui, dopo aver scoperto Paolo Villaggio, a ideare insieme al comico genovese il personaggio di Fracchia. La formula del “Maurizio Costanzo Show” ha segnato la storia della televisione e della nostra cultura nazional-popolare quanto “Lascia o Raddoppia”, “Carosello”, “Studio Uno” e poche altre trasmissioni. Ed è stata la prima (dopo le iniziali esperienze di “Bontà loro” e di “Dietro l’angolo”) a inaugurare e capeggiare l’inossidabile format del talk show.